“Non c’è treno che non prenderei, non importa dove sia diretto.
(Edna St. Vincent Millay)”

La prima anoressia mi ha portato un po’ ovunque. Ho iniziato la facoltà di scienze biologiche a Torino ,da settembre fino a novembre, il mese della rassegnazione alla malattia davanti ai miei genitori. Non mi entusiasmava ma pensavo ancora che il mio destino fosse quello di dover diventare medico, perché sono nata con la sensazione di essere in dovere di aiutare qualcuno. Eppure mi ritrovavo in quella malattia che mi fece lasciare l’università. Dopo iniziai a lavorare come fiorista nel negozio di mia mamma, più che altro stavo seduta. Intanto andavo dalla dottoressa A. , la dietologa e il peso saliva piano piano. Nella prima anoressia sono stata come la brava bambina che faceva i compiti che i dottori le avevano dato. Poi ci fu una svolta. (Leggere sotto)

Mentre il peso saliva e io mi dilettavo a fare la fiorista iniziai una nuova avventura. Dovevo capire se lavorare in ospedale poteva essere il mio futuro. Perché certo io mi credevo un supereroe che poteva sconfiggere la malattia in un anno. (Ma chi voleva sconfiggerla?) Allora mi iscrissi all’AVO (Associazione Volontari Ospedalieri) e comincia a dare da mangiare agli ammalati in urologia e medicina B. (sempre assurdo vero? io che mangiavo solo quello che mi era dato dalla dieta e non mi concedevo nulla, davo da mangiare agli altri). Fu un esperienza bellissima ma dilaniante. Mi piaceva l’idea di aiutare le persone ma ogni volta che tornavo a casa mi venivano in mente gli arresti cardiaci che vedevo, i vecchietti che a fatica deglutivano e capii che il medico proprio non potevo farlo. Io che volevo tanto aiutare gli altri.
Solo adesso ho capito che la mia missione era veramente aiutare gli altri, ma in un altro modo. GUARENDO,raccontandomi, e facendo la cosa più difficile di tutte: mettermi a nudo. Spero che questo dia forza a tutti quelli che pensano di avere una missione: TRANQUILLI, la capirete con il tempo, sbattendo contro mille muri, ma la troverete.
Non si può aiutare gli altri se prima non si aiuta se stessi. Una lezione che si impara quando tocchi il fondo. Prima o poi capita a tutti, ma il bello è che una volta arrivati in fondo si può solo risalire.
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