
Cari voi, si cari perché senza di voi non sarei niente. Questo è sbagliato lo so. Ma bisogno incominciare ad essere qualcosa. Io mi guardavo dentro i vostri occhi e mi definivo. Ogni tanto ho l’abitudine di farlo ancora un po’ ma non importa. Io sono dell’idea che sia più sano un ex alcoolizzato che beve una birra ogni tanto con gli amici che un ex alcoolizzato astemio. Ora mi guardo un po’ ogni tanto con i miei occhi e vedo una persona che non si piace fisicamente perché è provata dai farmaci, dalla malattia ma allo stesso tempo vedo anche una persona che può diventare quello che quello che quegli occhi vogliono vedere. Questo me lo tengo per me, come un segreto costudito gelosamente perchè a volte non si può dire proprio tutto. E voi con che occhi vi guardate?
Ma tutto ciò per dire che voi siete stati i “grandi che non piangono mai”, mi avete letto, supportata, amata, odiata, condivisa, linkata,googlata tutti i termini esistenti possibili immaginabili ed è grazie a voi che io vedo il bicchiere mezzo pieno oggi.
Quindi cin, cin a NOI ragazzi.
la tua forza è unica sono io a ringraziare te mia cara Giorgia
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Carissima Giorga,continua pure a guardarle quelle tue “sbavature” corporee, ma fallo con carezze e rinnovata amorevolezza. Solo l’amore per quelle piccole sbavature ci perdona davvero di essere come siamo. Impareremo a raccontare ai nostri occhi vigili e severi, posando carezze più docili su angoli smussati e imerfezioni, non più quanto siamo piccoli e fragili ma quanto siamo belli nella nostra indifesa nudità, rivestita con occhi più amorevoli dai nostri stessi panni.
Sarà proprio quel occhio amorevole ad aiutarti ad indossare il tuo corpo presentandovelo come il più bello fra gli abiti che nella tua vita indosserai. Quello sguardo ad indurti a superarti in bellezza e altezza rammendandoti che efficienza e perfezione nascono in realtà proprio dal riconoscimento di quei tuoi stessi LIMITI e di quelle tue stesse imperfezioni. Sempre!
Con affetto una lettrice passata qui per caso attratta dalla bellezza delle cose rotte e poi aggiustate, attratta dalla ricchezza delle nostre più grandi fragilità.
Silvia
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